ALBA – Hanno tutti gli occhi chiari, azzurri come il mare, i “ragazzi” della terza generazione Ceretto. I figli di Bruno e Marcello (Roberta, Federico, Lisa e Alessandro), eredi della casa vinicola fondata da Riccardo negli Trenta, in località San Cassiano ad Alba (CN), hanno ereditato la luce posta sui cru del Barolo e del Barbaresco dai genitori. E l’hanno trasformata in uno sguardo “green“, da riversare interamente sui vigneti.
La certificazione biologica dei 170 ettari risale al 2015. Ma in realtà, dal 2003, sarebbe meglio parlare di una “scientifica applicazione della biodinamica in vigna, che va ben oltre il cornoletame“. A chiarirlo è Roberta Ceretto, figlia di Bruno, mentre crescono le superfici vitate della cantina che si avvalgono di principi steineriani.
Il nostro è un approccio scientifico alla biodinamica. Fare vino significa seguirlo in tutte le sue fasi, dalla vigna alla vendita. Quello che noi facciamo è accompagnarlo dal vigneto al consumatore finale. C’è molto più del cornoletame nella nostra idea di biodinamica”, chiarisce Roberta a WineMag.it, camminando sotto le volte della cantina storica del Monsordo.
Una convinzione che affonda le radici nella storia del territorio, fatta propria dalla famiglia Ceretto in una veste moderna, ragionata. Che va ben oltre il marketing e i “bollini”, utili a far felici i sempre meno numerosi “ultrà del vino che puzza“, purché sia autoproclamato “naturale” dal produttore. Gente di cui ha parlato di recente anche Alessandro Dettori.
“Mio padre e mio zio – sottolinea Roberta Ceretto – fanno parte di quella generazione che ha ‘costruito’ le Langhe, attorno al mito del Barolo e del Barbaresco. Non erano le Langhe di Fenoglio e della ‘malora’, ma non si allontanavano molto”.
“Di certo non erano neppure le Langhe che è possibile ammirare oggi passeggiando, dove è tutto bello, si mangia bene, eccetera. Vent’anni fa, quando ho iniziato a lavorare in azienda – ricorda Roberta – per me era difficile trovare qualcosa che funzionasse qui attorno: un albergo, un ristorante. Adesso, forse, le Langhe sono il territorio dove si mangia meglio in assoluto in Italia”.
Un’evoluzione, quella delle Langhe, che ha coinvolto e travolto (positivamente) anche l’enologia. “I vini sono migliorati tantissimo – ammette la figlia di Bruno Ceretto (nella foto, sotto) – e la gente non improvvisa più, come un tempo. Mio nonno è passato da autista di una cantina a produttore di vino. Mio cugino Alessandro, invece, ha fatto l’enologica, l’università, ha fatto vendemmie in giro, dappertutto”.
L’analisi di Roberta prosegue con limpidezza e lucidità. Mentre tutt’attorno il vino riposa nelle botti: “Non dovrei dirlo, per carità: c’è anche il discorso della conversione al biodinamico nel miglioramento dei nostri vini negli anni, acclarato dalla critica internazionale. Ma c’è da dire che Alessandro è molto più preparato. Il vino del contadino, fatto a sentimento, non esiste più”.
“Noi ci avvaliamo di due biologi a tempo pieno – sottolinea Roberta Ceretto – ma non perché il nostro sia un vino artefatto: lavoriamo a stretto contatto con la natura. Però, se devi fare una vendemmia, non entri in vigneto a caso! Frasi come ‘oggi mi sembra possa andar bene’, non funzionano più. Ogni nostra barrique è siglata, un programma ci aggiorna sulla progressione della maturazione: non esiste più nulla di improvvisato“.
“Vero che poi il produttore, e l’enologo nello specifico, hanno un talento nel riconoscere le varie fasi. Ma ormai, a un brand come Ceretto, non viene perdonato più nulla, soprattutto perché produciamo vini come Barolo e Barbaresco, che non sono generalmente accessibili a tutti i portafogli. Scoccia non spendere bene 100 euro“.
Già, perché “un vestito lo puoi cambiare ricorda Roberta – ma una bottiglia di vino no. E la faccia che ci metti è la tua, da produttore. In cantina, quindi, si lavora come in un laboratorio. Questo non vuol dire modificare la natura, ma seguirla, ben oltre il cornoletame. Sfruttando la tecnologia per migliorare quel che ci fornisce”. Voce del verbo Ceretto. Amen.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.